Barolo DOCG

Il Barolo, definito negli ultimi anni “il Re dei Vini, il vino dei Re”, è il cuore pulsante dell’area vitivinicola delle Langhe. Il motore potente e prestigioso che fa viaggiare tutte le eccellenze della Regione Piemonte.
La storia e l’economia delle Langhe sono state segnate dal percorso intrapreso dal vitigno Nebbiolo (l’unico utilizzabile al 100% per la produzione del Barolo, con le diverse sottovarietà: Lampia, Michet e Rosè), coltivato in zone uniche, nel tempo divenute veri must e fiori all’occhiello, nonché simbolo di orgoglio e vanto che ogni anno i quasi 800 produttori mostrano al panorama vinicolo mondiale. Come vogliono tradizione e disciplinare di produzione, i comuni in cui l’uva Nebbiolo diventa Barolo sono 11, distribuiti su un’area di circa 1700 ettari: Cherasco, Verduno, Roddi, La Morra, Grinzane Cavour, Castiglione Falletto, Diano d’Alba, Barolo, Novello, Serralunga d’Alba e Monforte d’Alba, le 11 essenze, i volti, che compongono la DOCG Barolo dal 1980. Ogni comune, zona, sottozona, vigneto e parcella sono espressioni magiche ed eterogenee, che si celano dentro ogni singola annata e bottiglia.
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Nel 1600 l’uva Nebbiolo era già apprezzata e consumata dai nobili e dai Reali di Casa Savoia, ma è grazie al contributo del Conte Camillo Benso di Cavour e alla sua chiamata all’enologo francese Alexandre-Pierre Odart, che i processi di produzione migliorarono, portando alla creazione del “Re dei vini”, che da quel momento vide iniziare la propria scalata al successo e alla conquista dei palati più sopraffini del mondo. I primi riconoscimenti arrivarono a partire dal 1873, con ben 7 medaglie d’oro vinte al concorso di Vienna, che confermarono che il Barolo era un vino adatto all’invecchiamento. Da allora il successo non si è mai fermato e oggi il Barolo si presenta come un vino di sicura presenza sulle nostre tavole, un invito al concedersi un momento di estasi, un viaggio dalle dinamiche evolutive che solo il tempo è capace di trasformare in importante ed esclusivo, un vino da aprire nelle ricorrenze più significative.
Dopo il periodo di stagnazione causato dall’arrivo della fillossera e dal susseguirsi delle guerre per il predominio dell’Europa ad opera dei francesi, la zona di origine del Barolo venne delimitata per la prima volta nel 1909 dal Comitato Agrario di Alba. Un altro passo di svolta avvenne nel 1933, quando il Barolo fu riconosciuto come “vino tipico di pregio” e l’anno successivo, quando, il 30 giugno venne fondato il Consorzio dei vini tipici di Barolo e Barbaresco. L’ultimo suggello arrivò nel 1966, con il riconoscimento della DOC.
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Degustibus Barolo
Il Barolo sorge nei comuni delle Langhe collocati in un’area geografica protetta a 360°, da Nord a Ovest e a Sud, dalla catena montuosa delle Alpi, con un clima ottimale per la produzione dei vini. La conformazione del terreno spazia dal calcareo-argilloso di origine elveziana a quella più marnosa e sabbiosa di tipo tortoniano, che trasmettono all’uva Nebbiolo diverse strutture e profumi. Per citare qualche vigneto Gran Cru, i Baroli provenienti da Bussia (Monforte d’Alba), Villero (Castiglione Falletto) e Cannubi (Barolo) sono tre esempi di come la natura, con la sua conformazione geologica e microclimatica, sia l’unico vero direttore d’orchestra, creatore di musiche diVine che echeggiano in sinfonie mutevoli in corpi dalla trama robusta e tannica ma anche profumata e soffice.
Il Barolo, per chiamarsi tale, deve invecchiare almeno 38 mesi, a decorrere dal 1 novembre dell’anno di produzione delle uve, di cui 18 in botti di legno, mentre il termine “Riserva” compare in etichetta dopo 5 anni di affinamento.
Il colore è rosso rubino fresco e vivo, che tende all’aranciato nel tempo. Al naso gli inconfondibili profumi dell’uva Nebbiolo di rosa e confettura di frutta rossa si accompagnano a quelli boisé dati dal passaggio in legno, richiamando piacevoli note calde di tostato, vaniglia e tabacco.
Nel palato la forza struggente del tannino in giovane età è la base della struttura che saldamente perdurerà negli anni. Un’intensa freschezza di frutta surmatura, quasi cotta, con aromi di menta e di sottobosco si trasformano in un finale dai retrogusti caldi e imperiosi.
Bibere Barolo Cum
Un vino di valore merita piatti altrettanto complessi e strutturati: il Barolo è ottimo se accompagnato a piatti a base di carne, come arrosti, brasati, selvaggina di pelo, capretto e agnello, ma anche con formaggi forti dalla lunga stagionatura, come il Bra duro e il Castelmagno. A discapito di quello che si possa pensare, il Barolo si sposa bene anche con il cioccolato amaro e con alcuni dolci tipici, come le bugie, le paste di meliga e i marrons glacés.
© Erika Mantovan